La fenomenologia dell’Attacco di Panico

 

Con Attacco di Panico si intende un periodo delimitato di intensa paura o disagio, in assenza di un reale pericolo, caratterizzato dai seguenti sintomi somatici o cognitivi:

“palpitazioni, sudorazioni, tremori fini o ad ampie scosse, sensazioni di dispnea o di soffocamento, sensazione di asfissia, dolore o oppressione al petto, nausea o disturbi addominali, vertigini o sensazione di testa leggera, derealizzazione o depersonalizzazione, paura di perdere il controllo o di "impazzire", paura di morire, parestesie, brividi o vampate di calore. L’inizio dell’attacco è improvviso, raggiunge l’apice in circa 10 minuti, ed è generalmente accompagnato da un senso di pericolo, di catastrofe imminente, e dall’urgenza di allontanarsi. Raramente l’attacco dura più di 30 minuti. L’ansia dell’attacco di panico si caratterizza per essere parossistica e generalmente molto grave. Se i sintomi sono meno di 4, ma sono soddisfatti gli altri criteri, si parla di "attacchi paucisintomatici".[1]

Coloro che hanno attacchi di panico inaspettati li descrivono, di solito, come  una paura molto intensa, accompagnata dal pensiero di essere in procinto di morire, di potere perdere il controllo, di avere un infarto o un ictus, di "impazzire", il tutto associato al desiderio impellente di fuggire dal luogo in cui si sta manifestando l’attacco. Gli attacchi di panico inaspettati, con il ripetersi nel tempo, causati dalla (o sensibili alla) situazione, anche se possono persistere attacchi inaspettati.

Il panico è un fenomeno di confine che ha una funzione protettiva per l'organismo nelle situazioni di estremo pericolo ambientale. Accade quando il soggetto è sottoposto ad una improvvisa, incombente e grave minaccia e non può ne fuggire ne opporsi efficacemente al pericolo.

È una risposta a stress estremi quali il pericolo di morte, la tortura, un cataclisma, una notizia gravissima (questo è ciò che si verifica ad esempio nel disturbo post traumatico da stress).

L'attacco di panico è un'esperienza di panico in una situazione in cui non vi è la minaccia ambientale concreta, estrema e presente, ne è il riemergere del ricordo di un'esperienza traumatica. È un episodio di ansia acuta senza sostegno: l'organismo si sente solo ad affrontare un pericolo percepito come estremo di fronte al quale si avverte inadeguato.

L'eccitazione è così intensa, incontenibile e senza sostegno che il soggetto avverte il pericolo di morte.

Nell'attacco di panico, quindi, ciò che crea l'esperienza è lo scarto improvviso tra eccitazione e sostegno: l'eccitazione cresce ma non c'è un adeguato sostegno interno ed esterno su cui poggiarsi.

L'ansia emerge quando non c'è un buon sostegno e, questa sensazione di instabilità, viene evitata interrompendo il contatto con l’ambiente.

La terapia è il luogo in cui poter avere il sostegno adeguato, che consente di sostenere l'ansia legata al non poter attuare l'interruzione abituale.

Ciò che accade nell'attacco di panico è l'improvvisa perdita del ground: ciò a cui sentiamo abitualmente di appartenere e che da sempre ci appartiene.

Nell'attacco di panico ciò che interrompe l'intenzionalità di contatto non è un ostacolo improvviso che impedisce di procedere; si tratta, invece, del precipitare di ciò che ci sostiene comunemente, in modo implicito, non problematico, in una parola: il ground.

Quando lo sfondo si frantuma, il sé impegnato nella ricerca di contatto, si trova sospeso, la figura è senza sfondo, il senso/l'eccitazione/l'azione non possono essere sostenute e nasce il vissuto di pericolo estremo, di morte imminente.

È lo sfondo che di colpo crolla: l'intervento di sostegno immediato è proprio quello di riconnettere l'organismo al ground (appoggiare i piedi per terra, sedersi, respirare a fondo, fornire aria fresca, fare spazio, dare tempo, ricondurre a luoghi o persone familiari).

La caratteristica fondamentale che caratterizza un attacco di panico è quello della rivoluzione della dinamica figura/sfondo: lo sfondo diventa improvvisamente figura proprio perché sta crollando; la figura che si stava delineando durante il contatto, velocemente si dissolve.

Dopo il primo attacco di panico, la paura che il ground possa crollare nuovamente, fa sì che quell’emozione resti fissamente in figura con ciò che normalmente è invece sfondo, e anche, quindi, i contatti naturali e acquisiti restano figura (“sto respirando bene?”, “sto ragionando correttamente?”).

Per chi soffre di attacchi di panico è importante tener presente che sono necessari sostegni diversi nelle diverse interruzioni di contatto. L'attacco di panico può manifestarsi proprio quando è impossibile, improvvisamente, attuare l'interruzione di contatto abituale, e quando nel campo manca un sostegno adeguato.

 

Pazienti con stile retroflessivo.

Il tema della controllabilità dell'ambiente sembra centrale nei soggetti con stile retroflessivo, mentre può essere molto varia la situazione a cui la persona teme di esporsi. Comunemente, vi è l'intensa paura di star male fisicamente. È importante sottolineare che nell'ansia di questi soggetti c'è il timore di poter contare su qualcun altro per essere soccorsi in caso di bisogno, ma in primo luogo c'è la percezione del corpo come altro da sé e fuori dal proprio controllo. Infatti il panico si scatena non quando non c'è l'aiuto, ma quando il soggetto avverte qualcosa di insolito fra le sue sensazioni corporee, avverte il pericolo di non poter controllare le conseguenze e poi teme di doversi affidare a qualcuno. Spesso il corpo è già un ambiente alieno.

Controtransfert spesso il terapeuta ha la sensazione di possedere il nutrimento di cui l'altro ha bisogno ma per lui questa è un'esperienza inconcepibile. Ciò che può sostenere il terapeuta è la consapevolezza che per il paziente vederlo come ambiente di cui potersi fidare è un punto di arrivo e non di partenza.

 

Pazienti con stile proiettivo.

Il clima nel quale è cresciuto è caratterizzato da una significativa aggressività e potenziale distruttività materna, non direttamente rivolta verso di lui, ma piuttosto sospesa nell'aria,”come se in casa ci fosse l'aria carica di elettricità che si sente prima che scoppi il temporale”. Il paziente non ha potuto esprimere la propria energia in questa atmosfera e ha reagito creativamente proiettando la propria aggressività fuori di sé. Tuttavia non attribuisce l'aggressività alla madre ma al mondo esterno alla famiglia, un mondo fantasticato e rigido, pericoloso e fisso, senza sfumature perché questo mondo non deriva dalla sua diretta esperienza nel mondo, ma dalla proiezione fantastica.

Questi elementi sono coerenti col fatto che i soggetti con questo stile hanno cominciato a soffrire di disturbi d'ansia e di panico sin dall'adolescenza, dal momento cioè, in cui hanno cominciato ad uscire nel mondo in situazioni non protette dall'ambito familiare.

Nel percorso terapeutico con questi pazienti molta attenzione viene dedicata prima alla consapevolezza e poi alla regolazione dell'aggressività nella relazione. Un altro fondamentale punto di lavoro è sostenere la percezione della complessità del mondo, delle sue sfumature, della sua ricchezza e varietà solitamente impoverita da stereotipi.

 

Pazienti con stile introiettivo

In essi l'attacco di panico si caratterizza per la presenza dell'esperienza del crollo del senso delle cose della vita e per la maggior presenza di depressione dell'umore rispetto agli altri gruppi con stili di interruzione diversi. Vi è comorbilità tra depressione e attacchi di panico ma potrebbe esserci un rapporto più stretto tra I due disturbi proprio quando lo stile è quello introiettivo.

Infatti quando viene meno la protezione dell'introiezione e non c'è un contatto adeguatamente sostenuto, emerge un vissuto di desolazione e di perdita di senso che è caratteristico proprio dell'esperienza depressiva.

 

Pazienti con stile confluente

In essi la sintomatologia è poco definibile, sfumata e variegata: oltre ad alcuni attacchi di panico che rispondono chiaramente ai criteri diagnostici vi è un continuum di disturbi psicosomatici (es. sintomi gastrointestinali, cefalee, astenie, disturbi neurovegetativi e del sonno, dispnee).

In questi pazienti l'attacco di panico si verifica quando si delinea improvvisamente un confine laddove vi era una assenza di linee di demarcazione del sé e questo avviene senza il sostegno sufficiente e adeguato.

L'attacco di panico come sintomo si inscrive e assume significato in riferimento alla fase del ciclo di vita del paziente.

L'insorgenza è tra l'adolescenza e I 35 anni, fase di vita caratterizzata dal progressivo distacco dalla famiglia d'origine e dall'acquisizione di una maggiore indipendenza.

Per consentire questa separazione la famiglia d'origine dovrebbe essere ground stabile (la casa con la sua presenza affettiva e continuità spazio-temporale) e flessibile (consentendo di destrutturare la precedente appartenenza ed elaborarne una nuova). L'ambiente nuovo, ciò che è fuori dalla famiglia d'origine, dovrebbe essere il luogo in cui trovare altri punti di riferimento rispetto ai quali collocarsi, nuove appartenenze consistenti rispetto alle quali identificarsi e dalle quali differenziarsi.

Il soggetto che soffre di attacchi di panico è sospeso tra appartenenze passate che non sostengono più e appartenenze future che non sostengono ancora.

È probabile che l'attacco di panico insorga proprio quando l'autonomia del soggetto cresce più di quanto cresca il sostegno dato dalle appartenenze.

L'insorgenza del disturbo di attacchi di panico coincide spesso con un cambiamento sognificativo all'interno delle proprie appartenenze. Questo può avvenire secondo due modalità: può verificarsi una perdita indipendentemente dall'intenzionalità del soggetto; oppure è la persona che evolutivamente si separa da appartenenze acquisite.

L'insorgenza del disturbo comporta molto spesso una improvvisa e significativa diminuzione dell'indipendenza che il paziente vive in modo frustrante, come una regressione. Può inoltre essere confuso dalla contraddizione tra la tensione all'autonomia e il bisogno di aiuto in terapia. Spesso si incontrano introietti che spingono verso l'autosufficienza, è importante che in questa fase il terapeuta abbia ben presente che la crescita dell'autonomia del paziente non significa che questi acquisisca una maggiore indipendenza in assoluto, ma piuttosto che si trova in un percorso in cui sta destrutturando le appartenenze acquisite e ne sta costruendo di nuove.

Spingere precocemente il paziente verso l'autonomia è collusivo con un tratto narcisistico che spesso contribuisce al perdurare del problema.

Se per il paziente è in figura la perdita di autonomia e fa ogni sforzo per riconquistarla, senza riuscirci, il terapeuta deve portare in figura la fragilità delle appartenenze (ovvero lo sfondo). Mentre il paziente è preoccupato per il nuovo legame che la terapia comporta, il terapeuta sa che l'autonomia sarà il risultato spontaneo della costruzione di una sana appartenenza, consistente e flessibile.

L'autonomia si nutre dell'appartenenza e non è in opposizione all'appartenere; appartenenza e autonomia non sono più rappresentabili come polarità opposte su un continuum, ma piuttosto come assi cartesiani che si intersecano e che aprono quattro quadranti in cui vi sono varie combinazioni dei due elementi.

L'autonomia è la figura su uno sfondo di appartenenze.

Il movimento verso l'autonomia sollecita un tema centrale nel lavoro con il paziente con attacchi di panico, il tema della solitudine.

Questo tema è spesso lo sfondo su cui si staglia la figura della paura di morire che emerge in modo sconvolgente nell'attacco di panico. È un terrore che non si calma attraverso rassicurazioni di tipo medico ma attraverso il lavoro sul tema della solitudine che sta più o meno rigidamente sullo sfondo.



[1] American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision. Edizione Italiana: Masson, Milano.

Gli attacchi Paucisintomatici, sono attacchi identici agli Attacchi di Panico tranne per il fatto che l'ansia improvvisa è accompagnata da meno di 4 dei 13 sintomi richiesti dal DSM-IV per la diagnosi di attacchi di panico; possono essere presenti anche altri sintomi particolarmente imbarazzanti o inabilitanti come la minzione involontaria, malori di vario genere, svenimenti, ecc.